Laminite

Lettera aperta a Jaime Jackson

In adesione e risposta al suo appello per l’adozione di un comportamento etico nella ricerca.

Questa lettera aperta è una delle due risposte date a Jacksone  pubblicate nel numero 50 di the horse’s hoof. Nel precedente numero, il 49 di The horse’s hoof, Yvonne Welz ha pubblicato la sua “petizione per una ricerca etica” richiamando l’attenzione pubblica sulle modalità di lavoro del laboratorio del prof. Pollitt in Australia e sulla inutilità delle sofferenze degli animali. J. Jackson già nella sua pubblicazione Founder riteneva la laminite un accidente facilmente evitabile grazie solo ad una più attenta e consapevole gestione. Ritiene la ricerca nel campo frutto di distorsione, alienazione e interesse, miopia. La stessa miopia che il Dr. Cook, il veterinario famoso nel mondo per la sua ricerca sui danni inflitti dalla imboccatura, attribuisce a veterinari ed università nei confronti del movimento barefoot.

Grazie Jaime, anche io rifiuto il sacrificio di cavalli e pony sull’altare della ricerca sulla laminite. Questa petizione, questo appello, é degno della massima considerazione. Due anni fa dopo avere riletto i lavori di coloro che passano per essere i massimi ricercatori sulla laminite scrissi sul mio sito nella pagina dedicata a questa malattia:

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Approccio barefoot alla laminite

Di Ipparco, moderatore della sezione barefoot del FORUM IL CAVALLO, al secolo Leonardo de Curtis, un bel saggio sulla laminite, una malattia indotta dall’antropizzazione, l’opera di trasformazione dell’ambiente naturale attuata dall’uomo per soddisfare le proprie esigenze e “migliorare” la qualità della vita.

Non si tratta di una lettura semplice, almeno a tratti, ma conoscete qualche cosa che non sia complicato? Spesso abbiamo a che fare con attività che finiamo col definire facili, almeno una volta fatta esperienza e preso confidenza. Facili, ma complicate dal gran numero di variabili che abbiamo imparato tuttavia a gestire con il tempo con disinvoltura. L’infiammazione, cui è dedicato questo articolo, è qualche cosa di simile. Le cause sembrano essere tante, molteplici, e lo zoccolo un parafulmine. Manca un comune denominatore se non il disordine metabolico. E’ mancata finora l’identificazione dell’anello che, rotto, eviterebbe l’esito. “Le ricerche attualmente in corso puntano ad identificare un fattore scatenante (o anche solo un anello della catena) che sia comune a tutte queste cause “macroscopiche”, nella speranza di poter interrompere il processo intervenendo farmacologicamente in modo opportuno. Personalmente su questo particolare aspetto sono abbastanza scettico….”  Anche io (FB) sono scettico. Cercare un anello, una chiave farmacologica per la risoluzione del problema non credo rappresenti una strategia corretta quanto la restituzione a questi animali del diritto ad una vita più consona alla loro natura. Certo, ci sono animali che, a dispetto della qualifica di “domestici”, domestici non sono e sembrano soffrire maggiormente della riduzione in cattività. I mustang questo anello, che sfugge all’identificazione dei ricercatori, lo hanno spezzato. Tornano ad esserne vittime con la cattura…

Su un punto desidero esprimere la mia opinione. Nella parte dedicata al “primo soccorso” Leonardo scrive : “chiamate il veterinario immediatamente”.  Jackson nel suo famoso “Founder” mette la chiamata al veterinario proprio tra le cose da non fare: Il veterinario, che prima di fare il veterinario è un uomo comune, è soggetto alle stesse pressioni ed ai retaggi del passato. Non è altro che uno degli anelli della catena che hanno fatto precipitare il cavallo nella malattia. Malattia che quasi sempre ha un inizio subdolo e lento che trova causa nella gestione complessiva e nella ferratura che  non si è stati in grado di riconoscere e valutare o cui si è scelto di non fare opposizione. Per ricondurre l’animale verso la normalità è necessario essere aggiornati ed avere colmato le lacune lasciate dai programmi universitari. Caveat emptor. Un conto sono i sintomi ed i rimedi transitori altro la riabilitazione. Un conto il precoce riutilizzo dell’animale richiesto dal proprietario altro la prevenzione. Ma diamo la parola a Leonardo.

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