Pareggiatori ed Economisti

Pareggiatori ed economisti (29 settembre 2015)

Tempo fa mi capitò di leggere “Storia della Economia” di J.K.Galbraith.

Nelle prime pagine Galbraith cita Aristotele e la sua osservazione secondo la quale le cose utili hanno spesso uno scarso valore di mercato, le inutili al contrario sono molto care. Andando avanti nel libro, che credo tutti dovrebbero leggere anche se non hanno un soldo o forse proprio per questo, da ragione della nascita delle teorie economiche sostenute da leggi matematiche. Ebbene, scrive Galbraith, un giorno un congresso di economisti si sovrappose o seguì un altro congresso di professionisti tecnici nella stessa sala.

Quei professionisti facevano uso di formule matematiche, per lo più non intelligibili ai profani, e gli economisti trovandosi di fronte le loro lavagne ancora zeppe di formule si sentirono in imbarazzo ed inferiorità con le loro parole e discorsi. Un po per questo un po perché venne subito realizzato che lo stesso imbarazzo e senso di inferiorità sarebbe stato provato dallo sprovveduto cliente investitore nacque da li a poco una nuova “Scienza dell’Economia”. Milioni di persone ne sono state vittime da allora senza più potere nemmeno dare colpa né a se stessi né al proprio suggeritore.

Lo stesso avviene da qualche tempo tra i pareggiatori e tra i pareggiatori ed i loro clienti. I pareggiatori si sentono inferiori a volte con la loro raspetta nei confronti di chi forgia. Si sentono anche inferiori nei confronti di chi utilizza macchine per la diagnostica. Peccato che chi ferra induca “un male non più necessario”. Quasi quasi lo stanno dimenticando. Peccato che chi utilizza la diagnostica per immagini spesso abbia egli stesso una capacità limitata di interpretazione causa i programmi universitari e la mancanza di adeguata reale specializzazione. Se non lo sapete il radiologo che referta una vostra lastra se europeo studia 6 anni per diventare medico e altri 5 per specializzarsi in radiologia. Poi non è nessuno per un pezzo e in ospedale segue un primario.

Torniamo al nostro pareggiatore.

Lungi dal comprendere che il pareggio e tutto il barefoot movement si è fondato sulla semplicità dell’osservazione logica e dell’evidenza dei fatti alla ricerca dell’adeguamento della vita del cavallo alle necessità di specie, come si comporta il bravo pareggiatore innovatore sempre alla ricerca di migliorare se stesso ed il servizio? Con un grande sforzo va alla ricerca della distinzione e promozione della sua figura, già estremamente definita da Jaime Jackson e da chi è venuto dopo di lui, con il tramite di tecniche inutili, e appunto costose, materiali high tech e infine apparati alternativi da proporre come diagnostici. Mi spiego. Credo fermamente che il pareggiatore o se preferite il “hoof care provider” oppure “horse care practitioner” che adesso fa tanto tendenza, per assolvere la sua funzione debba essere un semplice ed onesto, chiaro operatore per la “Igiene nell’interesse della salute animale”. Questo operatore, per non confondersi con la moltitudine di ciarlatani circolanti dovrebbe avere capacità di pareggio di manutenzione e riabilitativo, sicurezza nella comprensione delle maggiori malattie sociali del cavallo (e dell’asino), capacità di individuare nelle norme igieniche e quindi nel rispetto degli spazi, socialità, alimentazione corretta e teoria dell’allenamento i maggiori strumenti per il mantenimento dello stato di salute. Magari avere una sufficiente preparazione in tutto questo e altre materie per poi specializzarsi in una. Pare però che queste cose semplici ma non facili da comprendere non bastino né alla sua vanità né alla sua capacità di persuasione del cliente. E così ecco che i pareggiatori si muovono e pensano come gli economisti di Galbraith. Ognuno alla ricerca dell’astutamente difficile strumento che ipnotizza, giustifica, confonde. Se stessi e gli altri. Alla ricerca della giustificazione di se stessi soprattutto se ignorantelli e insufficienti, poi del cliente che dopo avere speso un mucchio di soldi e non aver concluso magari un acca  avrà tutte le ragioni di risentirsi. I pareggiatori, che dovrebbero trovare nel terreno penetrabile e pulito il loro maggiore alleato cominciano così a rinunciare a pretenderlo per proporre, e vendere, scarpe. E fino a che si tratta di scarpe e solette tutto va bene. Quanto aiutano! Il proprietario è coinvolto giornalmente nella cura e manutenzione. Ma il mercato ha inventato ben altro. Se il maniscalco usa la forgia loro possono sempre usare le resine.  Se il veterinario usa le macchine portatili per schermografia loro possono sempre usare la termografia. Senza capirci un acca naturalmente. Sempre di qualche “ia” si tratta in fondo.

Ma le scarpe sono inferiori, per quanto utilissime in infiniti casi, al terreno adatto.

Le resine, servono a ricostruire parti ed utilizzare il cavallo precocemente piuttosto che a risolvere.

Le bende gessate o di immobilizzazione sono preziose in caso di frattura della terza falange. Nel caso di un laminitico ci sarebbe ampiamente da discutere. A volte è utile immobilizzare e ridurre l’ elaterio che di per sé, nella dislocazione delle parti, é fonte di dolore. Altre volte no. I tempi e la circostanza guidano. Il calore generato nell’applicazione dei materiali ne sconsiglia l’uso nella forma acuta.

Quando poi scarpe e colle vengono utilizzate insieme ritorniamo alla protezione permanente ed alla possibilità per il proprietario di continuare a tenere l’animale in situazioni igieniche povere e su terreni non adatti dando nel contempo la possibilità e l’illusione della capacità di prestazione. Questo é quello che fanno già egregiamente i maniscalchi. Il fine del movimento barefoot, scusate, non era diverso? Ma arriviamo alla termografia. Ne sento parlare con insistenza. Questa macchina costa poco, questa macchina costa tanto…ma sull’Adams’ viene liquidata come un apparato di capacità scarsamente o per nulla diagnostico nelle mani di chi, e questo è da vedere, dovrebbe avere la conoscenza generale che lo dovrebbe mettere in grado di affrontare l’interpretazione di immagini difficili ed ambigue. Sorrido pensando che coloro che ne parlano con insistenza so per certo non hanno nemmeno una idea compiuta di che cosa sia una infiammazione e dei tempi e dei processi che a lei sottostanno. Mi capita di andare in giro con un amico veterinario. Io con la raspa lui con lo stetoscopio. Ci rispettiamo, se si tratta di piedi o di materie particolarmente di mia competenza come l’alimentazione parlo io, se si tratta del resto parla lui. Uno parla , l’altro ascolta e poi “si tratta” e si conclude. Potremmo comperarci una macchinetta per fare le lastre, ci abbiamo pensato. Io ho fatto un esame di radiobiologia, lui non lo so. Ci siamo detti cosa ne facciamo se non siamo in grado di distinguere che cose grossolane. Ci accontentiamo della semeiotica fisica come il buon bravo medico condotto del passato e se ci capita sbirciamo una immagine. Parlo di laminiti e navicoliti se non lo avete capito, non del resto. Resto che a me non compete. Non ci sentiamo inferiori. Non certo a quelli che sullo zoccolo che a qualsiasi ordine etnia o genere appartengano antepongono la semeiotica radiologica e strumentale a quella fisica non conoscendo né la seconda né la prima e per darsi un tono. Non ci sentiamo inferiori perché quel che facciamo per il pareggio di riallineamento della capsula con la terza falange, o per riportare l’animale ad una condizione possibile da una di stress o addirittura di choc non viene influenzato dalla diagnostica per immagini che semmai può essere utile ad individuare tempi e previsione di capacità di riabilitazione, non i suoi modi. Del termografo poi, surrogato povero ma futuribile di qualche altro mezzo non sapremmo che fare. Di esempi e paragoni se ne possono fare quanti se ne vuole. Tutti nel loro campo possono sicuramente osservare comportamenti simili. Non mi illudo che questa mia posizione serva a qualche cosa, ognuno si illude o cerca di illudere pervicacemente gli altri a seconda della sponda sulla quale si trova. Ognuno invade il campo a mala pena presidiato dall’altro generando astio e resistenze.

Se un appello posso fare ai futuri “pareggiatori” o “hoof care provider” è quello di limitarsi alla raspa ed all’igiene veterinaria per lasciare le tecniche ed i materiali a casi particolari. Ce ne é d’avanzo per conquistarsi il rispetto. Tecniche e materiali sono assolutamente da conoscere, Interessanti ma particolari e secondari all’igiene. Con l’introduzione, se indebita, del cavallo scalzo a materiali e tecniche proprie di una mascalcia evoluta il pareggiatore non fa altro che contribuire a far regredire al passato un particolare e selezionato ambiente che faticosamente altri hanno contribuito a creare. Dandosi la zappa sui piedi.

 

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Informazioni su Franco Belmonte

Born 1952. Degree in Biological Sciences University of Genova, Italy. Researcher, CNR of Italy 1977-'80 (neurochemistry) then various task related to biology till now. Active Member and Certified Trimmer of the American Hoof Association. Didactic activity: equine podiatry and nutrition. Area of interest: evolution and physiology. Airline pilot and flight instructor for living 1981-2002.