Il pareggio in pratica – 4

Il roll ed il bevel.

segue ai precedenti 1-2-3

Accorciando l’unghia facendo riferimento al piano della suola e scegliendone la sporgenza abbiamo già impostato lo zoccolo. La densità, integrità e spessore del materiale corneo, la natura del terreno più o meno penetrabile ci fanno giocare in un intervallo di un paio di millimetri.

Dopo il ribasso e la così detta riduzione di capsula e parlando sempre, vi ricordo, di uno zoccolo sano dove le varie parti sono in corretto rapporto fra loro l’insieme si presenta grezzo con spigoli più o meno taglienti. Tutta la water line (la parte non pigmentata della parete) raggiunge terra. Così anche, in parte o tutta, la parte pigmentata (o parete esterna).

Se questi termini non vi sono familiari fate un po’ di pratica studiando i siti di Paige Poss. Trovate i riferimenti per raggiungere “ironfreehoof “ed “anatomy of the equine” qui nella sezione link del sito.      E’ mia opinione che non sia necessario fare dissezione per comprendere la fisiologia dello zoccolo, ci sono ormai siti di anatomia come quelli di Paige che rendono secondaria la dissezione che resta comunque una opzione per coloro che si vogliono dedicare alla podologia in modo specialistico.

Gli spigoli si rompono, si scheggiano o feriscono, vengono rapidamente consumati, le superfici si arrotondano. Il nostro cavallo se fosse libero di muoversi su grandi distanze dimostrerebbe pareti arrotondate e piani variamente orientati, non spigoli vivi. Da questa constatazione ed osservazione nacque l’idea del “roll”.

Il “roll” venne concepito come una finitura attraverso la quale si smussava dolcemente la parte esterna dell’unghia pigmentata. Limitandosi alla parte pigmentata appunto senza interessare la water line, la massa della parete.

Perchè ci si era dati questo limite? Una smussatura ridotta preserva dalla scheggiatura ma lascia a terra, in contatto con il piano di appoggio (se pensate  ad un piano di appoggio non penetrabile, rigido come quello di una piazzola di cemento) la massa della parete, quindi tutta la water line che ne costituisce la gran parte.

Nella visione di chi ha inventato il “roll” il peso del cavallo viene scaricato a terra dalla parete, dall’unghia tramite le lamine, il tessuto di connessione interposto tra la terza falange e la parete. Oggi, passate di moda le lamine, tramite la suola che, come un soffitto a volta caricato trasferisce le forze tangenzialmente a se stessa fino a raggiungere la sua periferia dove è saldamente connessa appunto alla parete che infine la scarica a terra.

Chi ritiene, in entrambi i casi, che la parete sia l’ultima responsabile dell’appoggio vorrà che raggiunga terra con la maggiore superficie possibile quindi ne sacrificherà una minima parte nell’esecuzione del “roll”.

E’ da dire che la stragrande maggioranza di coloro che arrotondano la parete non lo fa avendo in mente questo principio e ragione ma solo per sentito dire, per copia conforme, perché così si fa. E il “roll” diventa diverso, un rollone come dico spesso scherzando o un roll timido come dicevano altri.

Fatto sta che il dogma del carico periferico (parete responsabile della scarico a terra della forza peso) ha subito dei poderosi attacchi con Pete Ramey e Robert Bowker. Nessun cavallo rinselvatichito o domestico che sia si muove o dovrebbe muoversi su una superficie non penetrabile. La roccia, l’asfalto, il ghiaccio sono occasionali. La norma è la terra, l’erba, la sabbia, le pietre di varie dimensioni. In tutti questi casi il carico non è periferico sulla parete ma, distribuito. In gran parte grava su suola, barre, fettone. Tanto più quanto lo zoccolo penetra nel terreno e ci lascia un’orma.

Ramey e Bowker hanno riscoperto e proposto in un ambiente che effettivamente ha poco di scientifico ciò che era conosciuto da tempo.  Sul Kent, il più diffuso libro di anatomia comparata degli anni ’60 e ’70 trovate: (il cavallo poggia sulla suola…come ogni altro mammifero).    Nessun biologo o naturalista si sarebbe mai stupito di questa affermazione.

Lasciare tutta la water line “a terra” diventa allora secondario e il più delle volte controproducente. Quando però sarà meglio lasciare tutta la water line e anche il più possibile della zona pigmentata a terra? Quando di fatto il cavallo è costretto, volente o nolente a muoversi su una superficie dura e liscia. Sarebbe il caso del cavallo che traina una carrozza per strada.  Si tratta più che altro di occasioni.

Il “roll” è visibile nel mondo reale in cavalli che vivono su terreni molto accidentati e pietrosi. Camminando a lungo la parete si arrotonda, levigata da sassi e particelle di ogni dimensione.

Man mano che l’ambiente si addolcisce la parete si arrotonda appena in punta mentre continua ad esserlo maggiormente procedendo verso i quarti.  Sia nei DVD di Jackson che di Ramey viene  sottolineata la differenza di finitura dalla punta verso i talloni. Mentre ai quarti la parete si presenta sempre arrotondata perchè consumata in questo modo dallo zoccolo che cambia direzione, alla punta la parete è caratterizzata da un bevel (traduzione piano inclinato) con origine nella water line, di varia pendenza a seconda dell’andatura.

Pensate al cavallo che si muove in avanti in linea retta. Il tallone si alza, lo zoccolo leggermente affondato nel terreno ruota fino a staccarsi da terra mentre nello stesso tempo il carico si riduce progressivamente. Si crea approssimativamente un piano della lunghezza di qualche millimetro, il bevel. Questo piano inclinato fa si che le forze di reazione del terreno alla forza peso mentre il cavallo è fermo o in movimento si orientino diversamente e si riducano ( molto meglio sarebbe dire che l’abrasione continua modella la parete a seconda della intensità e direzione delle forze che applica e a cui è soggetta).                                                                                 La forza di reazione del piano di appoggio al peso si scompone ed una parte si orienta verso l’interno dello zoccolo con una minore occasione di separazione tra parete e osso triangolare e minore sollecitazione del connettivo, le lamine. Un’unghia finita e lasciata con il suo margine parallelo al terreno (come nella preparazione per la ferratura) è maggiormente sollecitata a separarsi, ad allontanarsi dalle strutture sottostanti.

La nostra finitura comprende quindi un bevel più o meno inclinato, 20°-35° e con origine nella white line. L’origine la troviamo, se volete un’indicazione di massima, a 5-6 millimetri dal margine della suola. Se la white line è larga quanto dovrebbe, circa 3 millimetri, rimangono a terra (su supeficie impenetrabile come il cemento o la roccia) altri 3 millimetri di water line. Quando il cavallo abbandona la piazzola il resto della parete che fa parte del piano inclinato o bevel, è comunque caricato, sia pure in minore entità, perché di fatto il piede sprofonda e si mette completamente e progressivamente in contatto con il terreno.

Tenendo quindi la nostra raspa inclinata  rispetto al piano della suola realizziamo questo piano asportando una piccolissima quantità di materiale lungo tutto il perimetro da quarto a quarto. Infine smussiamo la parte più esterna della parete così finita con un piccolo roll di cui partecipa solo la parte più esterna pigmentata. Man mano che procediamo verso la parte posteriore del piede il piano, bevel, si accorcia mentre lo spessore di parete che partecipa del roll aumenta.

Quando il cavallo “sterza” la superficie più arrotondata ai quarti favorisce la manovra. Lo scalino o sporgenza della parete rispetto al piano della suola lungo tutto il perimetro assicura stabilità e direzione.                                                                                                     Fettone e barre partecipano del sostegno del peso e della stabilizzazione della traiettoria.

Non avevamo ancora parlato né di fettone né di barre. Se la parete è tenuta sotto controllo, corta, sia il fettone che le barre sono tenuti in funzione continuamente. Con il movimento le parti vengono sottoposte a continuo consumo. Materiale non si accumula e tutto lo zoccolo, si mantiene sano. A questo può concorrere l’opera di disinfezione con aceto e solfato di rame (vedi apposito articolo) di tutte le parti che appoggiano a terra.                                               Non dico che non sia necessario un intervento occasionale su fettone e barre. Trovate altre indicazioni su questo nella pagina “studio di zoccoli”. Ma si tratta di intervento occasionale e mirato. Se fettone, barre e piano della suola vengono sempre sottoposti all’intervento del coltello durante i pareggi significa che troppo viene tolto a scapito della soundness del cavallo oppure viene eliminato  materiale fradicio ed infetto che si accumula perché il cavallo vive costantemente su terreni umidi e sporchi o infine è limitato fortemente nel movimento.  Il rimedio non é il coltello. L’animale vive in condizioni misere di cui sono responsabili il proprietario o il gestore.

Con i prossimi articoli ci occuperemo direttamente ed espressamente dello zoccolo che ha abbandonato giuste proporzioni e corretta relazione fra le parti introducendo altri elementi di teoria. Nel frattempo rileggete la parte “studio di zoccoli”. Specialmente l’introduzione, suole e callosità, profondità delle lacune, sferratura.

Notate infine che abbiamo sempre lavorato “da sotto”. Con la suola del cavallo rivolta verso l’alto per intenderci. In ogni fase. E’ il modo corretto. Lavorare invece con la raspa da sopra, dall’alto verso il basso ha senso solo in particolari situazioni. Patologiche. Secondo determinate regole. Che vedremo insieme.

Questo articolo è stato pubblicato in Letture, Pareggio il da .

Informazioni su Franco Belmonte

Born 1952. Degree in Biological Sciences University of Genova, Italy. Researcher, CNR of Italy 1977-'80 (neurochemistry) then various task related to biology till now. Active Member and Certified Trimmer of the American Hoof Association. Didactic activity: equine podiatry and nutrition. Area of interest: evolution and physiology. Airline pilot and flight instructor for living 1981-2002.