Archivi tag: rilievo

Il barefoot e la gestione naturalizzata…

Introduzione dedicata agli studenti partecipanti al convegno del 3 marzo 2107 organizzato all’Università di Teramo.

Ho deciso di raccontarvi prima di accennare a anatomia e fisiologia, per meglio orientarvi nello spazio e nel tempo, quello che faccio insieme ad altri, soprattutto anglosassoni. Con e per i cavalli e per l’uomo, naturalmente. E quello che succede “fuori dal paese”.

Durante i mitici anni 60 e 70, un gruppo di intellettuali era molto attivo nel denunciare le condizioni di vita degli animali negli zoo.
Chiedevano per i selvatici qualche cosa di meglio delle solite gabbie. Spazi dove potessero almeno muoversi, una minima separazione dai visitatori e la possibilità di vivere in gruppo con altri rappresentanti della loro specie. Ai tempi la sensibilità era forse maggiore, la globalizzazione inesistente ed il primato del mondo occidentale ancora saldo, l’economia in crescita dopo la seconda guerra mondiale, i tempi meno stretti ed era possibile avere ed esprimere principi, non solo aspettative individuali.
Lo zoologo Desmond Morris, direttore dello zoo di Londra ed etologi allora molto conosciuti, premi Nobel per la la fisiologia e la medicina nel 1973 come Tinbergen (biologo), Lorenz (medico) e von Frisch (biologo) per citare solo alcuni, riuscirono direttamente o indirettamente a far si che le condizioni di vita di molti animali migliorassero.

All’università di Oxford una moltitudine di biologi tra cui lo stesso Morris e Dawkins conseguirono il dottorato di ricerca con Tinbergen. Alcuni genetisti, evoluzionisti come Dawkins ed etologi posero le basi che favorirono in seguito la organizzazione su base teorica delle scuole di equitazione naturale. Il loro lavoro non è molto conosciuto al di fuori della stretta cerchia dei biologi genetisti ed evoluzionisti. Solo alcuni libri particolarmente divulgativi di Lorenz sono stati tradotti in lingua italiana e questo ha determinato anche in molti laureati a causa della loro incapacità di analisi matematica la conoscenza di solo alcuni principi, anche essi spesso deformati. La genetica e persino il comportamento sono analizzabili compiutamente con l’ausilio della analisi matematica.

Torniamo alla gestione degli animali. In una decina di anni molti zoo del mondo occidentale furono completamente ristrutturati. Io stesso sono testimone di quella di Torino. Spesso furono le famiglie dei visitatori che decretarono il cambiamento, infatti il numero di coloro che visitavano gli zoo convenzionali o andavano ad assistere a spettacoli circensi dove venivano impiegati animali diminuì drasticamente. Da questa evoluzione del comportamento umano nella gestione animale i cavalli e gli asini rimasero esclusi.
I cavalli sono animali “domestici” non selvatici. E a differenza dei cani sono classificati animali da reddito.

Purtroppo per loro “domestico” è un termine che identifica un animale capace di vivere in un ambiente fortemente antropizzato cui sono negate per ignoranza o calcolo le necessità di specie.
Se domestico significa adattato a vivere con l’uomo a che serve dare loro maggiore spazio di quello corrispondente ad una stanza o un’aia, la possibilità di alimentarsi da erbivori e con continuità invece che ad ore fisse? La definizione animale da reddito ne giustifica poi la cura limitatamente a quanto può tornare utile alla produzione.

Nel frattempo, mentre negli zoo gli animali selvatici venivano in parte affrancati dalle gabbie, la bestia da lavoro cavallo si era già avviata alla trasformazione, iniziata la meccanizzazione agricola, in attrezzo sportivo rimanendo nelle poste o transitando nel “box”. Questo ha peggiorato se possibile la vita dei cavalli.
Da lavoratori da impiegare quando necessario e da mettere a riposo ma tenere con cura tra un lavoro e l’altro si sono visti trasformare in attrezzi sportivi sempre a disposizione ma spesso trascurati. Mentre il lavoro si ripresenta come necessità puntuale con l’avvicendarsi delle stagioni, lo sport è una passione che come arriva se ne va.
La ferratura era parte integrante della preparazione al lavoro anche se non sempre ed a seconda dell’animale impiegato, asino cavallo o mulo.
I ferri erano “il male necessario” da togliere ogni volta che lavoro non ce ne era o la stagione era finita.
E semplicemente era sentito come normale considerare necessari i tempi di riposo dalla ferratura. L’animale sportivo, poiché sempre teoricamente a disposizione, non ne gode più.
Una parentesi più lunga di quella che sto per dedicare meriterebbe la bocca. Le redini dell’animale da lavoro erano spesso posate. L’uomo aveva da manovrare l’attrezzo trainato dal cavallo. Di conseguenza spesso l’animale era in capezza, senza imboccatura. E senza paraocchi perché doveva vedere bene dove mettere i piedi nel bosco o su sentieri esposti a differenza del cavallo della corriera lanciato su strada.
L’addestramento sovente era fine e la manovra mediata da richieste vocali. L’addestramento fine nulla altro era che il risultato del gran tempo passato ogni giorno con l’animale. Antonio Broglia, commissario tecnico della nazionale attacchi e figlio di contadini amava ripetere: – chi lavorava con i cavalli, contadino, trasportatore o boscaiolo che fosse, non aveva nessuno ma proprio nessuno con cui parlare tutto il giorno. I comandi vocali e il finissimo controllo erano il risultato delle molte ore passate insieme.
Questi cavalli da lavoro, vera risorsa per la famiglia, venivano lasciati liberi nei boschi o nelle zone aride e improduttive quando il lavoro scarseggiava per ridurre l’impegno giornaliero di pulizia delle stalle ed il costo di foraggiamento.
Se ne possono osservare ancora. Sulle prealpi bellunesi in alcune malghe mi è capitato di trovare in alcuni periodi dell’anno cavalli scalzi che sembrano sculture di Michelangelo forgiate dal lavoro ed in attesa di riprenderlo. Insomma non erano certo rose e fiori ma il cavallo del contadino per molti aspetti stava assai meglio di quello del signore e viceversa ed alla fine della sua pur breve intensa vita produttiva l’animale aveva spesso anche qualche cosa di buono da raccontare. L’immagine del bruto che percuote l’animale era meno comune di quella che oggi si nasconde dietro le gradinate per punire il cavallo con rapidi ed alternati strattoni dolorosi delle redini.

Tutto questo è finito con i centri ippici e i condomini per cavalli dove al box si alterna il tondino. E la domenica il viaggio per il concorso. O il box perpetuo. O i piccoli recinti sgangherati pieni di fango. Quando l’equitazione diventa uno sport per tutti, l’animale non è tra coloro che ne trae vantaggio. Quando è uno sport esclusivo, la selezione, il macello, l’allenamento duro ed il comportamento brutale dietro le quinte è anche più comune.

Questo è sembrato il nuovo destino per i cavalli.
Se non che sempre più proprietari di cavalli e di asini non vedono il loro animale come la “bestia” da tenere chiusa in restrizione di movimento, da tirare fuori dal “box” come una motocicletta da corsa o da cross per fare un giro. A questi proprietari, la gestione ottusa è diventata stretta.

Perché?
Senza essere animalisti queste persone sono diventate consapevoli del maggior grado di benessere e di salute di cui possono godere gli animali governati con dignità e attenzione alle loro necessità di specie. Vorrei rimarcare che non si tratta quasi mai di altruismo. Non dobbiamo aspettarci che l’altruismo faccia parte della nostra natura biologica. L’altruismo va infatti insegnato dai genitori o dagli insegnanti ai figli ed agli studenti come forma di comportamento utile a migliorare le condizioni di vita comune. Nel caso degli animali, assai più distanti geneticamente per il proprietario dell’umano più distante, anche il minimo altruismo non trova giustificazione nella salvaguardia istintiva di una pur piccolissima parte del proprio genoma. L’utile consiste nel minore dispendio di energie necessario al governo e nell’investimento sul futuro .

Come?
La pulizia e l’igiene insieme alla tecnica rendono possibile, economico e performante il piede scalzo.
Sufficiente spazio e libero movimento allontanano e riducono la possibilità di traumi derivanti dalla mancanza di riscaldamento prima dell’allenamento.
La alimentazione di solo fieno ed erba, riducono se non cancellano l’insorgere di patologie gravissime, prime fra tutte le coliche e la laminite, prima e seconda causa di morte del cavallo domestico.
Fioccati, laminati e concentrati sono infatti l’equivalente dell’uso in alimentazione umana di alimenti ad alto indice glicemico responsabili di disordine metabolico.

Chi?
Maniscalchi, biologi, veterinari, agronomi e ricercatori universitari hanno contribuito, ognuno grazie alle sue conoscenze a tracciare, riscoprire sarebbe più onesto scrivere, la strada della parziale naturalizzazione dell’ambiente del cavallo che quando praticata elimina sofferenze, è pratica ed economica, fa rimanere sound gli animali a lungo.

Quando?
Si è arrivati a questo indirettamente. Le tecniche e le conoscenze sono ottime, la diffusione lenta dopo l’esplosione dei primi anni. Al rallentamento ha contribuito la attuale involuzione della nostra società occidentale. Non poco il discredito derivante dalla presenza di individui e gruppi non sufficientemente preparati.
Constatata la vigoria e bellezza dei selvatici scalzi ci si è chiesti se fosse possibile ottenerla nei domestici. Si è cominciato a sferrarli ed a rendersi presto conto che lo zoccolo e la performance dei selvatici dipendevano soprattutto dall’ambiente, alias spazio, movimento, pulizia ed alimentazione. I cavalli che popolano ancora le praterie americane perdono le loro caratteristiche dopo poche settimane dalla cattura.

E’ così che maniscalchi hanno cambiato nome e messo a punto nuove tecniche perché le vecchie erano solo premessa per la creazione di un piano di appoggio del ferro.
Biologi hanno osservato l’ambiente dei selvatici per riprodurne per quanto possibile le condizioni negli ambienti domestici. Agronomi hanno valutato le differenze nel contenuto di nutrienti fra ciò che che contiene la massa di cui si nutre il selvatico sano e ciò che viene proposto nella stalla al domestico pieno di problemi. Tecnici di laboratori americani specializzati nella analisi degli alimenti e ottimizzazione della dieta dei ruminanti per la produzione di carne, latte e derivati hanno creato dipartimenti specializzati per gli equidi. E ricevono campioni di fieno destinato a cavalli da tutto il mondo anglosassone, Australia, Sud Africa, Stati Uniti eccetera. Da qualche anno, grazie a Leonardo de Curtis (AHA) che per primo ha aperto la strada, anche dall’Italia. A prezzi e soprattutto con dettaglio di analisi dei nutrienti senza nessuna competizione possibile da parte dei laboratori italiani ed europei.

E’ nata la “gestione naturale”. Che vi invito a non dimenticare dovrebbe essere meglio chiamata “naturalizzata”. Con essa l’affrancamento dell’animale “da reddito” che non era stato possibile ai tempi dei biologi della generazione precedente alla mia. La diffusione del sistema, costituito dall’insieme di ciò che è stato riscoperto del vecchio governo e delle nuove tecniche, è il primo obiettivo del movimento barefoot sano. Le buone idee e propositi sono inutili se non vengono diffusi. Dalla home page della American Hoof Association: Certified Trimmers are available as clinicians; these experienced trimmers find education to be as important in their practice as is their work at the hoof.

L’obiettivo del “barefoot movement” che è innanzitutto il benessere animale associato necessariamente alla gestione semplice ed economica, si realizza attraverso la partecipazione e capacità del proprietario. E’ il proprietario che passa la maggiore quantità di tempo con gli animali, nessun professionista può sostituirsi a lui nella osservazione e cura quotidiana.
Cura che non è affatto difficile fin quando la situazione non è deteriorata e si posseggono pochi elementari ma logici principi e capacità manuale.
Si tratta di abbandonare degli stereotipi come la ferratura, le fasce e le coperte, i concentrati, il box. O altri stereotipi come la convinzione che l’animale non possa essere mantenuto in controllo senza imboccatura. Si tratta di capire che l’erba non è “uguale” durante le stagione dell’anno e ridurre o sospendere il pascolo primaverile. E di tante altre semplici accortezze da sostituire a comportamenti omologati.
Semmai le difficoltà derivano dall’inerzia che ci caratterizza, dalla paura di cambiare, dalla resistenza pesante opposta da chi vive sugli animali nel tentativo di mantenere rendite di posizione che trovano alimento nella malattia. Nonostante ciò sono sempre di più gli animali che vivono scalzi, mangiano da erbivori, sono condotti in capezza e godono di ottima salute senza causare grattacapi al loro proprietario rappresentando al tempo stesso il migliore biglietto da visita del sistema barefoot di gestione. Capaci di far fronte ad ogni terreno ed impiego come vedrete nel cortometraggio che ho preparato per voi.

Se credete che il vostro cavallo abbia bisogno dei ferri per muoversi con disinvoltura mettetevi in discussione. E’ l’ambiente che dovete modificare.
Se credete che il vostro cavallo abbia bisogno di essere alimentato sempre e comunque con concentrati mettetevi in discussione. Non conoscete gli erbivori e le loro necessità.                      Se credete che il vostro cavallo o asino possa essere impiegato come tosaerba primaverile dovete veramente mettervi in discussione.

La performance richiesta a cavalli senza ferri del passato era molto più dura di quella richiesta a qualsiasi cavallo sportivo di oggi. Il cavallo della statua dell’imperatore Marco Aurelio è scalzo, i romani non conoscevano la ferratura e ciò non ha impedito loro di conquistare l’Europa. Nel vallo Adriano, la più imponente fortificazione ed insediamento militare romano conservato fino ad oggi, non è stato trovato un solo ferro di cavallo. Nè ne parlano gli scrittori del tempo. I mongoli hanno devastato mezza Europa dopo avere fatto migliaia di km con i loro piccoli cavalli scalzi.
La ferratura nata nel Medio Evo e diffusa grazie alla siderurgia faceva fronte alle condizioni igieniche degradate delle stalle e alla necessità di maggiore offesa in battaglia. Se non siete in condizione di trarre vantaggio da una di queste due miserabili situazioni il detto ottocentesco “la ferratura è un male necessario” vi resterà in mano come una paglia corta. Ma inutilmente. La tecnica ed i materiali insieme al comportamento umano si aggiornano.

Franco Belmonte vive a Trevignano R. E’ un biologo da anni impegnato didatticamente nella formazione di pareggiatori e operatori del settore con obiettivo finale l’indipendenza del proprietario nella cura dello zoccolo e alimentazione del cavallo. Fa parte della American Hoof Association, espressione di agronomi, veterinari, ex maniscalchi, ricercatori e docenti universitari. Lui stesso collabora con facoltà di veterinaria ed è autore di pubblicazioni ad argomento podologico e di scienza dell’alimentazione su riviste specializzate nordamericane.

Sito blog : bitlessandbarefoot-studio.org

Ritardo nella formazione veterinaria

Nel numero 63 di “The Horse’s Hoof”, estate 2016 uno degli editori dopo avermi interpellato ha scelto di pubblicare la mia breve risposta ad una delle domande che da qualche tempo sempre più proprietari di cavalli, ed asini, si fanno non solo negli USA ma in Europa. “Sento che il mio medico non è preparato. Quale preparazione ha ricevuto. Su che libri ha studiato”.

Il barefoot, con la necessaria preparazione, tecnica, attesa, cura, accettazione del limite, l’igiene fisica e mentale che ne sono il fondamento  è un esempio della frattura che si è venuta a creare tra la scuola, i programmi, l’università ed il mondo reale.  Frattura che è comune ed appartiene alla scuola in genere ed è forse più marcata da noi in Italia.                                                                                           Tra le righe, la domanda che si fa il proprietario sempre più spesso è questa: “Il mio medico pare non comprendere  temi non appartenenti alla tecnica della produzione o all’espressione immediata della performance”.   Avevo dubbi sul fatto che una risposta così secca come quella che ho inviato fosse pubblicata. La pubblicazione, quindi la responsabilità assunta dall’editore, è prova della reale e sentita distanza che si è venuta a creare. Della necessità di adeguare programmi ed insegnamenti. Programmi che non possono comprendere le materie propedeutiche, la medicina e la produzione se non a scapito una dell’altra ma che dovrebbero almeno presentare un argomento chiave come la podologia almeno a chi sceglie di rivolgere la propria attenzione ai grandi animali di modo da non esporre chi ne incontra i problemi ad una silenziosa critica cui segue disaffezione. Grazie alla diffusione dei principi ed alle pubblicazioni facilmente reperibili di buon livello non è raro che il proprietario si trovi ad avere una conoscenza dello zoccolo superiore a quella del professionista che chiama. Una alternativa è la separazione delle competenze. Dolorosa per chi vede restringersi il campo operativo ma necessaria. E’ avvenuto ai medici con l’istituzione della nuova figura dell’odontoiatra una ventina di anni fa. Le figure del dentista e del pareggiatore sono sostanzialmente separate da quella del veterinario in vaste aree del mondo. E’ un fatto che le scuole ed i gruppi che si interessano della bocca e dello zoccolo non sono condotte da veterinari, un esempio sono Spencer La Flure e Jackson.

Da The Horse’s Hoof , estate 2016 con il cortese permesso dell’editore:

photoforgephoto

 

Biblioteca del pareggiatore e requisiti per gli studenti

Biblioteca Barefoot

In una quindicina di anni sono state riempite migliaia di pagine. Per il loro studio necessitano, forse é una previsione azzardata, ma indicativa, un paio di anni full immersion. Certo di più a chi non ha tutto il tempo necessario o a chi proviene da studi di indirizzo differente da quelli scientifici. Ma è quel che serve per potere poi offrire ad un cavallo più del banale accorciamento delle unghie. Ed é quel che serve per non essere preda dei “guru” e affrontare con serenità i molteplici aspetti della podologia equina e le sue deviazioni senza essere costretti ad inventare, nascondere ignoranza, fare degli animali delle cavie.  Per conservare la modestia propria di coloro che studiano e per potere affermare di essere e fare il “pareggiatore”, cui non bastano la pratica con la raspa e quattro parole ad effetto o un titolo accademico.

leggi abbastanza?leggi abbastanza?

Continua a leggere

Protocollo di riabilitazione, Hoof Rehabilitation Protocol

Hoof Rehabilitation Protocol

Debra R. Taylor DVM, MS, DACVIM; Ivy Ramey AHA Member; Pete Ramey AHA Certified Farrier

Introduction: We are fundamentally against attempting to “sell” or Trademark a particular method of equine hoof treatment. Any successful hoof care and rehabilitation program must allow the practitioner significant latitude for adapting to the individual needs of the horse and to the situation presented. The sole purpose of drafting this Hoof Rehabilitation Protocol is to identify and describe the materials and methods we used to treat the hoof problems presented for our rehabilitation and study.

Continua a leggere

Introduzione all’igiene veterinaria

Tutto questo sito ha come argomento l’Igiene Veterinaria. Questa sezione é dedicata alla normativa. La normativa scozzese, svizzera, comunitaria, sono state raccolte e pubblicate già sul vecchio sito da Alberto Barozzi cui si deve anche l’articolo sui fioccati, pubblicato nella sezione letture nel 2010. Parliamo di cavalli, di zoccolo, commentiamo passi di alcuni dei maggiori ricercatori del nostro tempo. Tante persone cui dobbiamo una mole notevole di osservazioni naturalistiche e di laboratorio. Ne divulghiamo il lavoro. Il comune denominatore di questi studi é la constatazione del fatto che gli animali, come gli umani, allontanandosi dal seguire regole igieniche … si ammalano più facilmente. Regole igieniche? ……Ecco uno stralcio dalla pagina introduttiva del sito didattico dell’Istituto Pasteur.

Ciclo 2 : 
”Scoperta del mondo – mondo vivente – il corpo del bambino e l’educazione alla salute. Importanza delle regole di vita : igiene (abitudini quotidiane relative alla pulizia, all’alimentazione, al sonno, ai ritmi giornalieri…).”

Ciclo 3 :
” Scienza e tecnologia – il corpo umano e l’educazione alla salute – conseguenze a corto e lungo termine della nostra igiene (azione benefica o nociva dei nostri comportamenti) .”

” Educazione civica – rispetto della persona, di sé e degli altri – messa in pratica delle regole d’igiene, comportamento ed educazione alla salute.

Potrebbe essere diverso? Pulizia, alimentazione….comportamento sociale, sono tratti comuni a tutti i viventi. Se dovessimo accostare l’argomento che di volta in volta trattiamo (la laminite, la sindrome navicolare, più in generale la cura e manutenzione dello zoccolo del nostro cavallo) a quello di un insegnamento di un corso di laurea la scelta dovrebbe cadere su quello di Igiene. Quando trattiamo di pulizia degli spazi assegnati ai cavalli e dei loro ricoveri, quando parliamo di pulizia dell’animale e dello zoccolo, di vaccini, sverminazioni, stile di vita, di gestione in genere, di “malattie sociali”, facciamo Igiene. Una materia che tratta più discipline facendo da filo conduttore. Igiene è un esame che appartiene a molti diversi corsi di laurea. Medicina, Scienze Biologiche e Naturali, Farmacia, Architettura e Ingegneria. Tutti si occupano di Igiene per il miglioramento delle condizioni di vita dell’uomo. E a Veterinaria? Come viene affrontato l’argomento e cosa si insegna agli studenti?

Faccio un esempio, a caso, traendo spunto dal programma del corso di Igiene della facoltà di veterinaria dell’università di Bologna….le norme di polizia sanitaria che disciplinano l’immissione sul mercato, l’importazione e il transito degli animali d’acquacoltura e dei relativi prodotti. Ecco un altro esempio pertinente invece alla facoltà di Agraria…al termine dell’insegnamento lo studente acquisisce nozioni di base relative alle malattie infettive di maggiore importanza per le produzioni animali, e in particolare con riferimento all’interazione tra agente eziologico, ospite e ambiente, alla risposta immunitaria elaborata dall’ospite, ai fattori di rischio ambientali e relativi piani di controllo.In particolare lo studente è in grado di collaborare con veterinari pubblici e privati in merito: – alla gestione sanitaria di popolazioni animali; – al controllo degli agenti trasmissibili dagli animali all’uomo; – alla prevenzione della diffusione delle infezioni nelle popolazioni.

Si tratta di igiene della produzione e del mercato, l’obiettivo è ancora il benessere umano. L’animale é un prodotto o un produttore. Chi non è vegetariano o non rinuncia a nutrirsi di derivati animali è il beneficiario vero e diretto della buona formazione data ai tecnici impiegati nel settore della produzione animale.

Il contenuto di questo sito di Igiene Veterinaria si differenzia, pur non volendo sostituirsi o tanto meno essere in concorrenza, nel rispetto di quegli insegnamenti.

Il soggetto è l’animale e la sua salute, per una volta senza compromessi dettati dall’interesse. La attenzione all’ambiente naturale, la alimentazione semplice, il movimento libero, l’interazione sociale, la rinuncia alle imboccature , lo zoccolo libero dalla mortificazione della ferratura, consentono all’animale uno stile di “vita animale” igienico e salutare. E’ secondario che il risultato dell’applicazione di buone norme igieniche si traduca, specialmente a lungo termine, in vantaggi per l’uomo. Vantaggi che non sono solo di natura economica ma etica e morale. Attraverso la gestione naturale si restituisce dignità all’animale. Dal riconoscimento e difesa della dignità del più debole è conseguente la scoperta e riconsiderazione di rapporti umani fondati sul rispetto e la condivisione. L’insieme delle attività manuali di gestione naturale, necessarie ed organizzate insieme allo studio ed alla ricerca, sono di stimolo alla crescita intellettuale. L’ippoterapia stessa, ad esempio, consisterebbe nello sforzo compiuto per la riorganizzazione degli spazi e nella programmazione delle cure necessarie al benessere animale da parte di coloro che debbono trovare un maggiore equilibrio o un posto nella società. Gli ostacoli, le compensazioni, gli sbagli, il giusto equilibrio possono essere trasferiti poi come esperienza nella vita. Se alla serie di incontri e letture che propongo volessimo dare una finalità formativa formale questa dovrebbe essere quella di: “operatore per l’ igiene veterinaria finalizzata al benessere animale

Under the horse – Audiovisivi

Editore Hoofrehab

Una serie di dieci DVD che illustra la teoria su cui si basa la tecnica sviluppata da Pete Ramey dopo avere conosciuto il Dr. Robert Bowker. Lo studio di questi audiovisivi e l’esame con Pete Ramey consente in nordamerica l’acquisizione di crediti formativi. La serie costituisce la premessa per una efficace lettura di “Care and Rehabilitation of the Equine Foot”.

Le linee di guida per il pareggio di bitlessandbarefoot-studio si fondano su teoria, ricerca e tecnica sviluppate da Pete Ramey e dagli altri ricercatori che, insieme, hanno contribuito alla stesura di questo testo. Con il loro stesso spirito e modestamente affrontiamo i problemi che i cavalli presentano a causa della loro antropizzazione e sfruttamento.


The guide of line of bitlessandbarefoot-studio are following theory and technique of Pete Ramey and the other researchers that have written this book that sum much more than ten years of study. With the same spirit we try with modesty to face the many problems due to the human activity and affecting the horse life.